ASSASSINIO A VENEZIA [da venerdì 15 settembre]
Proiezioni
Mercoledì 20 settembre: ore 21,00
(CINEMA IN FESTA – Prezzo unico € 3,50)
Venerdì 22 settembre: ore 21,00
Sabato 23 settembre: ore 21,00
Domenica 24 settembre: ore 16,30 – 18,30 – 21,00
Mercoledì 27 settembre: ore 21,00
Titolo originale: A Haunting in Venice
Nazione: U.S.A.
Anno: 2023
Genere: Thriller, giallo
Durata: 103 min
Regia: Kenneth Branagh
Cast: Kenneth Branagh, Kyle Allen, Camille Cottin, Jamie Dornan, Tina Fey, Jude Hill, Ali Khan, Emma Laird, Kelly Reilly, Riccardo Scamarcio, Michelle Yeoh, Amir El-Masry
Produzione: 20th Century Studios
Distribuzione: The Walt Disney Company Italia
Trama
Venezia, secondo Dopoguerra, vigilia di Ognissanti. L’investigatore Hercule Poirot (Kenneth Branagh) è in pensione ed esilio volontario a Venezia.
Poirot prende parte, seppur riluttante, a una seduta spiritica, che si tiene in un palazzo spettrale, ma quando uno degli ospiti viene trovato morto, il detective dovrà mettersi all’opera per scovare l’assassino in un inquietante mondo pieno di ombre e segreti…
Trailer
Recensione
Il film, in sala dal 14 settembre, è un adattamento del libro Poirot e la strage degli innocenti di Agatha Christie. A differenza dei primi due capitoli della saga, sono numerosi i cambiamenti apportati rispetto all’opera originale, a partire dal titolo e dall’ambientazione.
Branagh prende leggermente le distanze sia dal materiale di Agatha Christie che dal genere giallo. Assassinio a Venezia risente, infatti, di forti influenze del genere horror, che a tratti prevalgono sul lato investigativo. Che la saga possa aver trovato così la sua formula vincente?
È la Venezia del secondo dopoguerra a fare da sfondo alla quotidianità di Hercule Poirot. Un detective ormai in pensione, che ha messo da parte una vita di delitti, assassini e indagini. Tutto cambia la notte di Halloween.
Quella notte, la cantante lirica Rowena Drake (Kelly Reilly) avrebbe ospitato, presso il suo palazzo spettrale, una seduta spiritica tenuta dalla sensitiva Mrs Reynolds (Michelle Yeoh).
Ariadne Oliver (Tina Fey), amica di Poirot e celebre scrittrice di gialli, invita il detective a prendere parte alla seduta. Lo scopo? Dimostrarne l’infondatezza. Ma come sempre, il crimine è dietro l’angolo. Un omicidio sconvolge i piani di Poirot, che ancora una volta si ritrova ad investigare su un delitto in grado di mettere a dura prova la sua visione razionale del mondo.
Ed è in una di queste abitazioni che si sviluppa quasi interamente Assassinio a Venezia. Un ambiente chiuso, all’interno del quale facciamo la conoscenza di nuovi personaggi, tra i quali si nasconde un assassino. Fin qui niente di nuovo, si ripete lo schema classico dei primi due film. In questo caso però il luogo è in tutti i sensi parte integrante della storia e delle indagini. Si avverte un senso di claustrofobia che travolge lo stesso Poirot, mai apparso così in difficoltà (almeno fino ad un certo punto).
I colori caldi del Nilo lasciano il posto a quelli freddi di Venezia. Una città spettrale, travolta da una tempesta incessante e dalle leggende. Quelle sui fantasmi, che infestano vecchi palazzi (non) abbandonati.
Come detto, infatti, il suo modus operandi, la sua visione logica e razionale, viene messo in dubbio. E se esistesse davvero un’anima? Qualcosa che va oltre la morte, quella che Poirot ha visto così tante volte da vicino. Lui che più di qualunque sensitivo ha fatto da tramite fra defunti e vivi. Un messaggero capace di dar voce e fare giustizia a chi non c’è più. Ma che ha anche perso la fede. Troppa oscurità nel mondo per poter credere nell’esistenza di un Dio o in una vita oltre la morte. Solo un caso sovrannaturale e terrificante come quello veneziano è capace di farlo riflettere sulla realtà.
La vendetta è al centro del primo film, la passione del secondo, mentre la fede è il nucleo tematico di questo nuovo capitolo. Quello concettualmente più interessante da trattare per una figura enigmatica come quella di Poirot. Purtroppo però il film non si spinge abbastanza oltre e ne vediamo solo la punta dell’iceberg.
Di Assassinio a Venezia premiamo l’intenzione. Dopo i due flop precedenti era giusto provare a cambiare. Mescolare giallo e horror poteva essere la soluzione migliore possibile, peccato che il risultato finale sia un film che non eccelle né sul lato investigativo né su quello dell’orrore.
A tratti l’idea del film gotico funziona, i toni sono ottimi per il delitto da mettere in scena. Ma non è in grado di trasmettere la minima emozione. Senza l’impianto sonoro del cinema, la resa delle scene più spaventose, se così vogliamo definirle, sarebbe probabilmente nulla. Il lato horror si avverte più da un punto di vista stilistico che nella volontà di terrorizzare lo spettatore. Quindi sì, stiamo parlando di un giallo ben diverso dal solito e che in alcune fasi soccombe alla atmosfere cupe e spettrali da casa infestata, ma non presentatevi in sala con l’idea di guardare un film horror.
Per il resto rimane in tutto e per tutto un giallo. Che si risolve però con una banalità disarmante, sia per la risoluzione finale, che ad eccezione di qualche dettaglio non risulta particolarmente imprevedibile, ma soprattutto per il tempismo. Quando la storia sembra farsi più interessante ed il ritmo si alza, ecco il solito spiegone di Poirot, che sembra una liberazione tanto per il detective quanto per lo spettatore.
Gli aspetti tecnici sono quelli che colpiscono maggiormente. Niente di clamoroso, ma la regia di Kenneth Branagh appare più ispirata del solito, con qualche spunto interessante. Meno la fotografia, che punta perlopiù sull’apparenza ma è comunque apprezzabile per questo tipo di film.
Se non altro, Assassinio a Venezia é un passo avanti ad Assassinio sul Nilo sotto tutti i punti di vista. Primo fra tutti, la scelta di fare meno affidamento sulla CGI e dare un’estetica ben precisa alla pellicola. La scenografia è ben curata nello spaziare fra gli ambienti veneziani e concentrarsi ovviamente sul palazzo infestato.
Per quanto riguarda il cast di supporto, meno star power attorno a Branagh ma diversi nomi ben assemblati fra loro. In primis l’attrice premio Oscar Michelle Yeoh (Everything Everywhere All At Once), ma anche Camille Cottin, Riccardo Scamarcio, Kelly Reilly e Tina Fay. Branagh ha voluto coinvolgere inoltre i protagonisti del suo Belfast, Jamie Dornan e Jude Hill. I due interpretano ancora una volta padre e figlio, e sono anche gli unici personaggi ad avere un briciolo di approfondimento psicologico.
Le forzature non mancano, tuttavia, neppure nella gestione e nei rapporti fra i personaggi. Tante decisioni narrative che lasciano qualche dubbio. Nel complesso, dunque, fin troppi difetti sul quale diventa difficile chiudere un occhio.
Possiamo però scommettere che Assassinio a Venezia raccoglierà diversi consensi fra gli spettatori. Un film che riesce nonostante tutto ad intrattenere, ideale per prepararsi al prossimo Halloween. Assassinio a Venezia è totalmente scollegato dagli altri capitoli della saga, resta dunque apprezzabile anche senza aver visto i due film precedenti. In attesa di scoprire se Branagh avrà un’altra occasione di adattare sul grande schermo le storie di Poirot.
Francesco Schinea – www.hynerd.it
Prezzi
Mercoledì 20 settembre
(CINEMA IN FESTA – Prezzo unico € 3,50)
Gli altri giorni:
BIGLIETTO INTERO € 7,50
BIGLIETTO RIDOTTO € 6,00
• BAMBINI da 4 a 12 anni
• ADULTI oltre 60 anni
• PORTATORI DI HANDICAP
• GIORNALISTA, dietro presentazione di tesserino
• MILITARI
• il MERCOLEDÌ (escluso festivi e prefestivi, e nel giorno di uscita di un film): per TUTTI
• il VENERDÌ (escluso festivi e prefestivi) per i soci i possessori di:
a) tessera “Vieni al cinema” con di foto di riconoscimento oppure senza foto purché accompagnata da tessera dell’Ente
b) tessera ACI (Automobile Club d’Italia)
c) card Cultura del comune di Imola
d) tesserati Azione Cattolica (adulti, giovani e giovanissimi)
BIGLIETTO OMAGGIO
ACCOMPAGNATORE DI PORTATORE DI HANDICAP
BAMBINI fino a 3 anni
POSSESSORI DI TESSERA DEGLI ESERCENTI SALA CINEMATOGRAFICA (AGIS-ACEC, AGIS-ANEC, ANEM..)
POSSESSORI DI TESSERA ‘EUROPA CINEMAS’
DINOSAURI [ giovedì 28 settembre ore 21 ]

Nell’ambito del Festival calanchi argille azzurre 2023
Curatori: Matteo Zauli con Consuelo Battiston, Luigi Cicognani e Donato D’Antonio
Organizzazione: Museo Carlo Zauli
“DINOSAURI. Due amici, molte strade, una sfida tra i calanchi”
Cortometraggio di Gianni Farina e Riccardo Calamandrei
da un’idea di Massimo Solaroli e Matteo Zauli
Sceneggiatura Andrea Zauli
Con: Massimo Solaroli, Matteo Zauli, Paolo Banzola, Irene Dal Pozzo, Marco D’Ambrosio, Ilena Drei, Giorgia Erani, Silvio Focaccia, Gian Maria Manuzzi, Stefano Pini, Andrea Salvatori, Tania Zoffoli.
Riccardo Calamandrei, videomaker
Andrea Zauli, sceneggiatore
Produzione KAKIFilm
IO CAPITANO [da venerdì 29 settembre]
Proiezioni
Film in lingua straniera sottotitolato in italiano
Venerdì 29 settembre: ore 21,00
Sabato 30 settembre: ore 21,00
Domenica 1 ottobre: ore 16,15 – 18,30 – 21,00
Mercoledì 4 ottobre: ore 21,00
Titolo originale: Wolof
Nazione: Italia, Belgio
Anno: 2023
Genere: Drammatico
Durata: 121 min
Regia: Matteo Garrone
Cast: Seydou Sarr, Moustapha Fall, Issaka Sawagodo, Hichem Yacoubi
Produzione: Archimede, Rai Cinema, Tarantula, Pathé, Logical Content Ventures, RTBF, VOO, BeTV, Proximus, Shelter Prod
Distribuzione: 01 Distribution
Trama
Una fiaba omerica che racconta il viaggio avventuroso di due giovani, Seydou e Moussa, che lasciano Dakar per raggiungere l’Europa. Un’Odissea contemporanea attraverso le insidie del deserto, i pericoli del mare e le ambiguità dell’essere umano…
Trailer
Critica
Guy Lodge di Variety ha riflettuto sul tema del film riportando che, rispetto ad altri progetti cinematografici europei che trattano l’emigrazione africana verso l’Europa, questa venga vista «non come ambientazione ma come obiettivo quasi mitico». Lodge afferma che il regista si dimostri «più robusto e appagante» rispetto ai precedenti progetti, e che sebbene il film in alcune scene presenti «l’estetica e gli istinti narrativi occidentali», risulti «difficile non lasciarsi coinvolgere dalla grande portata emotiva del film» supportata dalla capacità dell’attore Seydou Sarr. Leslie Felperin, recensendo il film per The Hollywood Reporter, scrive che nonostante la presenza di «paesaggi abbaglianti» il film «mantiene sempre l’attenzione sugli esseri umani», percependo una «tensione tra il mondo quotidiano e la dimensione spirituale, una sfocatura che è spesso una caratteristica del cinema dell’Africa occidentale», dovuto al fatto che «Garrone ci tiene a farci riflettere fino all’ultimo momento del film». Il giornalista di Deadline Damon Wise definisce «impeccabile» la tecnica cinematografica adottata per il film, scrivendo che il direttore alla fotografia Paolo Carnera è stato in grado di trasmettere «un’immediatezza sorprendente e coinvolgente». Wise inoltre afferma che «il più grande merito del film» sia stato il cast degli attori che sono in grado di rendere il progetto «autentico in ogni fase del suo audace viaggio».
Per la critica cinematografica italiana Mattia Pasquini di Ciak ha assegnato al film quattro stelle su cinque, scrivendo che il fattore più importante sia «l’onestà intellettuale e progettuale» in cui la regia compie «la scelta di limitare la propria autorialità». Il giornalista riporta che sebbene il film eluda alcune «possibilità drammatiche» e presenti in alcune scene una narrativa «meccanica», il risultato finale si costituisce di «scelte legittime e non criticabili, che rendono il film inattaccabile ideologicamente». Davide Turrini de Il Fatto Quotidiano afferma che nel film «il rimando strutturale immediato è all’Odissea» in cui «la fragile e molle innocenza dei due protagonisti» sono «impossibilitati ad essere comunità solidale». Paolo Mereghetti, recensendo il film per Il Corriere della Sera , scrive che il film sia in grado di «restare sempre ad altezza protagonisti, identificandosi con il loro sguardo, evitando qualsiasi atteggiamento predicatorio» trasfigurando «la tragedia attraverso la forza della fantasia e della favola». Teresa Monaco, nella recensione pubblicata su Cinematographe.it, ha elogiato Io capitano dandogli una votazione di 4.8 su 5, definendolo “uno dei migliori film di realtà di Matteo Garrone: una lettera potente che sa raccontare con meravigliosa leggerezza la drammaticità, spingendoci gloriosamente dentro i panni dell’altro per farci capire quanto starebbero stretti anche a noi. Un film che non ci umilia né ci spinge a compassione bensì ci induce verso la comprensione viscerale di un tragitto che talvolta sappiamo ma che preferiamo ignorare.”
Prezzi
BIGLIETTO INTERO € 7,50
BIGLIETTO RIDOTTO € 6,00
• BAMBINI da 4 a 12 anni
• ADULTI oltre 60 anni
• PORTATORI DI HANDICAP
• GIORNALISTA, dietro presentazione di tesserino
• MILITARI
• il MERCOLEDÌ (escluso festivi e prefestivi, e nel giorno di uscita di un film): per TUTTI
• il VENERDÌ (escluso festivi e prefestivi) per i soci i possessori di:
a) tessera “Vieni al cinema” con di foto di riconoscimento oppure senza foto purché accompagnata da tessera dell’Ente
b) tessera ACI (Automobile Club d’Italia)
c) card Cultura del comune di Imola
d) tesserati Azione Cattolica (adulti, giovani e giovanissimi)
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BAMBINI fino a 3 anni
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LA SIRENETTA [fino a mercoledì 24 maggio]
Proiezioni
Mercoledì 7 giugno: ore 21,00
Venerdì 9 giugno: ore 21,00
Sabato 10 giugno: ore 21,00
Domenica 11 giugno: ore 17,30 – 21,00
(CINEMA IN FESTA – Prezzo unico 3,50)
Mercoledì 14 giugno: ore 21,00
(CINEMA IN FESTA – Prezzo unico 3,50)
Titolo originale: The Little Mermaid
Nazione: U.S.A.
Anno: 2023
Genere: Avventura, fantasy, musicale
Durata: 135 min
Regia: Rob Marshall
Cast: Halle Bailey, Jonah Hauer-King, Daveed Diggs, Jacob Tremblay, Melissa McCarthy, Javier Bardem, Awkwafina, Jude Akuwudike, Noma Dumezweni, Kajsa Mohammar, Lorena Andrea
Produzione: Lucamar Productions, Marc Platt Productions, Walt Disney Pictures, 5000 Broadway Productions
Distribuzione: Walt Disney Italia
Trama
La Sirenetta, film diretto da Rob Marshall, è la trasposizione in live-action del classico d’animazione Disney del 1989 e ispirato alla fiaba di Hans Christian Andersen. Racconta la storia di una sirena di nome Ariel (Halle Bailey), dotata di una bellissima e melodiosa voce. La ragazza è figlia più giovane di Re Tritone (Javier Bardem), nonché la più ribelle; infatti è incantata dal mondo terrestre e nutre un forte desiderio di scoprire cosa c’è al di là dell’acqua. Questa sua voglia di conoscenza della vita in superficie aumenta quando, durante una delle sue esplorazioni, si imbatte in un principe, Eric (Jonah Hauer-King), da cui rimane completamente affascinata.
Nonostante alle sirene sia proibito avere contatti con gli umani, Ariel spera di realizzare il suo sogno e di conquistare il suo amato. È così che la sirena stringe un patto con la strega del mare Ursula (Melissa McCarthy): scambierà la sua voce in cambio di un paio di gambe umane. La possibilità di sperimentare la vita sulla terraferma, però, metterà in pericolo la vita della stessa Ariel e la corona di suo padre…
Trailer
Recensione
Rob Marshall riporta sul grande schermo un classico del mondo Disney, la Sirenetta (1989), e lo definisce il “film più impegnativo che abbia mai girato”. E detto dal regista di Chicago (2002), Nine (2009) e Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare (2011), non è affatto cosa da poco. “Non penso che qualcuno abbia mai fatto un musical sott’acqua prima d’ora. È stato necessario coreografare con largo anticipo ogni singola parte del film. Le attrezzature con cui abbiamo lavorato sono incredibili. Grazie a Dio abbiamo avuto tempo per fare delle prove” – ha spiegato. Ci sono voluti quasi cinque anni per realizzare il live-action, con l’utilizzo di tecniche complesse e strumenti all’avanguardia, come le diapason e le altalene. Anche la fase di post-produzione non è stata affatto facile, perché tutto doveva risultare credibile.
Halle Bailey è Ariel, al centro di numerose polemiche perché secondo i fan più fedeli il suo personaggio non rispecchierebbe quello del film originale. L’attrice, una volta uscito il trailer, ha rivelato che non era stupita di leggere commenti negativi: “Da persona nera, te li aspetti semplicemente. Non è neanche più uno shock. In tutta onestà, quando è uscito il primo teaser, ero alla D23 Expo ed ero incredibilmente felice. Non ho visto tutta questa negatività”. Al di là delle critiche, il ruolo l’ha resa particolarmente felice perché la star ha potuto conciliare le sue due più grandi passioni: il canto e la recitazione. E il suo entusiasmo si è tradotto in commozione subito dopo aver visto alcune scene montate: “Ho pianto per tutto il tempo. È stato molto strano guardarmi. Mi emoziono solo a pensarci” – ha aggiunto. Completano il cast del film Melissa McCarthy (Ursula), Daveed Diggs (Sebastian), Jonah Hauer-King (Eric) e Javier Bardem (Re Tritone).
La colonna sonora ripropone i brani del classico Disney, e si impreziosisce di alcuni inediti composti appositamente da Alan Menken e da Lin-Manuel Miranda (quest’ultimo ha già lavorato con Marshall ne Il ritorno di Mary Poppins).
Non penso che qualcuno abbia mai fatto un musical sott’acqua prima d’ora. È stato necessario coreografare con largo anticipo ogni singola parte del film (Rob Marshall).
Curiosità
È il remake in live-action de La Sirenetta (1989).
Le riprese esterne, ovvero quelle “fuori dall’acqua”, si sono svolte in Italia.
Durante le riprese, Halle Bailey ha trascorso fino a 13 ore al giorno in acqua.
L’attrice protagonista ha rivelato che l’interpretazione di Ariel l’ha aiutata a crescere, perché si è messa alla prova come mai fatto prima.
Il film introduce nuovi personaggi originali, non presenti ne La sirenetta del 1989, tra questi spicca la regina Selina, interpretata da Noma Dumezweni.
A differenza del film d’animazione, Sebastian ha il numero corretto di gambe, ovvero 10 (incluse due chele); il Sebastian animato, invece, ne aveva 8 (incluse le chele), perché all’epoca era molto più facile da animare.
Focus su La Sirenetta
Era il 1994 quando per la prima volta un cartone animato della Disney veniva trasformato in un live action: si tratta di Mowgli – Il libro della giungla, diretto da Stephen Sommers e interpretato da Jason Scott Lee. Due anni dopo esce un altro grande classico, La carica dei 101 – Questa volta la magia è vera (1996) di Stephen Herek, con un cast d’eccellenza: Glenn Close nei panni di Crudelia, Jeff Daniels e Joely Richardson nei ruoli di Rudy e Anita, con Joan Plowright nella parte di Nilla. Sebbene ci sia stata inizialmente qualche ostilità nel confronto con l’originale, la pellicola può essere considerata il remake di maggior successo di sempre. Per questo nel 2000 viene realizzato il sequel, La carica dei 102 – Un nuovo colpo di coda, diretto da Kevin Lima con l’aggiunta tra gli attori di Gérard Depardieu.
Nel 2010 è la volta di Alice in Wonderland, per la regia di Tim Burton, che nel 2019 realizza anche Dumbo, con Colin Farrell, Michael Keaton, Danny DeVito ed Eva Green. In quello stesso anno escono nelle sale Aladdin di Guy Ritchie, Il re leone di Jon Favreau, e Maleficent – Signora del male di Joachim Rønning. Recentissimi sono Mulan (2020) di Niki Caro, Crudelia (2021) di Craig Gillespi e Pinocchio (2022) di Robert Zemeckis. Dopo La Sirenetta (2023) diretto da Rob Marshall, sono previsti altri riadattamenti, tra cui Peter pan, Biancaneve e Mufasa.
Prezzi
BIGLIETTO INTERO € 7,50
BIGLIETTO RIDOTTO € 6,00
• BAMBINI da 4 a 12 anni
• ADULTI oltre 60 anni
• PORTATORI DI HANDICAP
• GIORNALISTA, dietro presentazione di tesserino
• MILITARI
• il MERCOLEDÌ (escluso festivi e prefestivi, e nel giorno di uscita di un film): per TUTTI
• il VENERDÌ (escluso festivi e prefestivi) per i soci i possessori di:
a) tessera “Vieni al cinema” con di foto di riconoscimento oppure senza foto purché accompagnata da tessera dell’Ente
b) tessera ACI (Automobile Club d’Italia)
c) card Cultura del comune di Imola
d) tesserati Azione Cattolica (adulti, giovani e giovanissimi)
BIGLIETTO OMAGGIO
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BAMBINI fino a 3 anni
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DENTI DA SQUALO [da venerdì 16 giugno]
Proiezioni
Venerdì 16 giugno: ore 21,00
(CINEMA REVOLUTION – Prezzo unico 3,50)
Sabato 17 giugno: ore 21,00
(CINEMA REVOLUTION – Prezzo unico 3,50)
Domenica 18 giugno: ore 18,30 – 21,00
(CINEMA REVOLUTION – Prezzo unico 3,50)
Titolo originale: Denti da squalo
Nazione: Italia
Anno: 2023
Genere: Drammatico
Durata: 104 min
Regia: Davide Gentile
Cast: Tiziano Menichelli, Stefano Rossi Giordani, Virginia Raffaele, Edoardo Pesce
Produzione: Goon Films, Lucky Red, Ideacinema con Rai Cinema, in collaborazione con Prime Video.
Distribuzione: Lucky Red
Trama
Un’estate diversa dalle altre per il tredicenne Walter.
La prima estate che passerà senza suo padre che è morto da poco in un incidente sul lavoro.
Siamo sul litorale romano e la scuola è appena finita, sono rimasti da soli lui e sua madre Rita che difficilmente accetta questo terribile lutto. Rita si chiude sempre più in se stessa e i suoi silenzi la stanno allontanano da suo figlio.
Walter passa le sue giornate gironzolando senza meta e un giorno la sua attenzione viene catturata da un luogo misterioso, una villa con una grande piscina. L’acqua della piscina però è torbida e contrariamente a quello che pensa inizialmente, la villa non è abbandonata.
Ad occuparla c’è il criminale di zona conosciuto come Il Corsaro , e con lui a custodire la villa c’è anche Carlo, un teppistello.
Questo sarà l’inizio di un’avventura unica e poetica che Walter ricorderà per tutta la vita.
Trailer
Recensione
Denti da squalo: la recensione di un’opera prima convincente ed emozionante
Arriva al cinema l’8 giugno Denti da squalo, convincente storia di maturazione firmata alla regia da Davide Gentile al suo debutto e interpretata da un giovanissimo e intenso protagonista, ben coadiuvato da un bel cast. La recensione di Daniela Catelli.
Un’estate avventurosa, gli amici ed un evento memorabile – traumatico o meno – che cambia per sempre la vita facendo crescere il protagonista: sono questi gli elementi alla base di molte storie di formazione americane, un genere poco praticato da noi ma declinato in maniera egregia e originale da Denti da squalo, bella opera prima di Davide Gentile, sulla scorta di una sceneggiatura premio Solinas di Valerio Cilio e Gianluca Leoncini, a lungo rimasta chiusa in un cassetto e per fortuna recuperata, grazie anche alla collaborazione con Gabriele Mainetti, produttore artistico del progetto nonché coautore della bella colonna sonora.
Il film racconta la lunga estate di Walter, un tredicenne orfano di padre, un ex criminale che ha abbandonato la sua vita precedente ed è morto in un depuratore per salvare la vita di un collega. Siamo al mare, dove questo ragazzino che sembra più piccolo della sua età, pieno di rabbia, fissa l’acqua imbronciato e vestito, tra coetanei nuotanti e vocianti, in conflitto con la madre che, distrutta dal dolore, cerca di stargli vicino ma non riesce a dargli le risposte che cerca. E’ così che Walter si introduce nella villa immensa e sinistra del Corsaro, dove scopre uno squalo nella gigantesca piscina, una torre con un sotterraneo che ha assistito a fatti di sangue, e trova nel parco un ragazzo di poco più grande, Carlo, che dice di esserne il custode e lo introduce in un piccolo mondo criminale, che a Walter sembra l’unico modo per accogliere l’eredità paterna, rifiutandone il ravvedimento che considera responsabile della sua morte.
Potrebbe risolversi tutto in una semplice e in fondo scontata storia di educazione criminale, nata dalla ribellione di un bambino divorato dalla voglia di crescere e capire, che trova nell’emulazione dei comportamenti coatti e sopraffattori dei grandi la propria rivalsa sul mondo. Ma Denti da squalo è un piccolo film a più strati, tutt’altro che superficiale, nelle cui acque profonde nuotano sentimenti repressi e verità nascoste, un’Isola del Tesoro che è contemporaneamente l’Isolachenoncè, in cui il giovane protagonista trova sì i pirati, ma soprattutto riscopre Il bambino perduto che è dentro di lui. E tutto questo (e molto altro) il film lo fa senza strafare, con una leggerezza del tocco, sia in fase di scrittura che di regia e di recitazione, che riesce perfettamente a tenere in equilibrio le diverse anime e suggestioni di una storia che potrebbe accadere ovunque, dove ognuno potrà vedere e riconoscere i riferimenti cinematografici e non solo e soprattutto ritrovare l’adolescente ribelle che è stato (non lo siamo stati tutto, in fondo?).
Denti da squalo mette in scena il lutto, la perdita, la necessità di venire a patti con la sofferenza e il dolore che fanno a volte parte della vita, le leggende che ci aiutano a vivere e soprattutto la necessità di scegliere da che parte stare: se con il pescecane che mostra i denti (come si canta di Mackie Messer nell’Opera da tre soldi) o nel mare della trasparenza, dell’onestà, del gioco e della salvezza di chi è vittima e prigioniero. A contribuire alla riuscita di questo sorprendente e promettente debutto, condito di ironia e meraviglia, sono davvero tutti i reparti, dalla scelta delle suggestive location agli ottimi effetti speciali (non dubitiamo per un attimo che lo squalo sia vero) alle performance degli attori: Tiziano Menichelli, debuttante assoluto, ruba la scena e buca letteralmente lo schermo, sempre credibile e spontaneo, ben affiancato dal Carlo di Stefano Rosci e dagli adulti, Virginia Raffaele, brava nel ruolo per lei insolito di questa mamma amorosa e dolente e – in ruoli minori ma non meno importanti – Claudio Santamaria, proiezione di Walter della coscienza paterna, ed Edoardo Pesce, che aggiunge col cameo dell’irresistibile Corsaro un bellissimo ritratto alla sua galleria di minacciosi ma a volte anche amabili villain. Sui titoli di coda parte – una scelta logica ma che ci commuove ugualmente – una delle più belle canzoni del giovane Edoardo Bennato, “Quando sarai grande”, e anche se ancora oggi che lo siamo da un pezzo non sappiamo perché e le promesse dei grandi non si sono sempre avverate, scopriamo di nuovo con Walter come la vita sia un’avventura da vivere in una perenne estate dell’anima, senza sprecarla in recriminazioni e vendette.
Daniela Catelli – www.comingsoon.it
Prezzi
BIGLIETTO UNICO € 3,50
(CINEMA REVOLUTION)
• BAMBINI da 4 a 12 anni
• ADULTI oltre 60 anni
• PORTATORI DI HANDICAP
• GIORNALISTA, dietro presentazione di tesserino
• MILITARI
• il MERCOLEDÌ (escluso festivi e prefestivi, e nel giorno di uscita di un film): per TUTTI
• il VENERDÌ (escluso festivi e prefestivi) per i soci i possessori di:
a) tessera “Vieni al cinema” con di foto di riconoscimento oppure senza foto purché accompagnata da tessera dell’Ente
b) tessera ACI (Automobile Club d’Italia)
c) card Cultura del comune di Imola
d) tesserati Azione Cattolica (adulti, giovani e giovanissimi)
BIGLIETTO OMAGGIO
ACCOMPAGNATORE DI PORTATORE DI HANDICAP
BAMBINI fino a 3 anni
POSSESSORI DI TESSERA DEGLI ESERCENTI SALA CINEMATOGRAFICA (AGIS-ACEC, AGIS-ANEC, ANEM..)
POSSESSORI DI TESSERA ‘EUROPA CINEMAS’
MON CRIME – LA COLPEVOLE SONO IO [dal 25 aprile]
Proiezioni
Mercoledì 3 maggio: ore 21,00
Venerdì 5 maggio: ore 21,00
Sabato 6 aprile: ore 21,00
Domenica 7 aprile: ore 16,30 – 18,30 – 21,00
Mercoledì 10 maggio: ore 21,00
Titolo originale: Mon Crime
Nazione: Francia
Anno: 2023
Genere: Giallo, Commedia
Durata: 102 min
Regia: François Ozon
Cast: Nadia Tereszkiewicz, Rebecca Marder, Isabelle Huppert, Fabrice Luchini, Dany Boon Grasmug, Calixte Broisin-Doutaz, Eric Feldman, Raphaël Thiery, Zoé Bruneau, Mounir Margoum
Produzione: Mandarin Cinéma
Distribuzione: Bim Distribuzione
Trama
Madeleine Verdier, una giovane attrice senza un soldo e anche senza talento, viene accusata di omicidio: la vittima è un celebre produttore cinematografico. Grazie all’aiuto della sua migliore amica Pauline, un’avvocata senza impiego, riesce a dimostrare che l’uccisione è avvenuta per legittima difesa.
Una volta assolta, Madeleine inizia una nuova vita ricca di da gloria e successo, fino a quando la verità non viene a galla…
Trailer
Recensione
UNO SMAGLIANTE MANIFESTO FEMMINISTA, PIÙ SOVVERSIVO DI QUANTO LE SUE ‘BUONE MANIERE’ LASCINO INTENDERE.
Parigi, 1935. Madeleine Verdier, aspirante attrice convocata da un celebre produttore per un ruolo e poi aggredita, è accusata a torto del suo omicidio. Con la complicità di Pauline Mauléon, avvocato senza clienti che si incarica della sua difesa, si assume il crimine e accede alla gloria denunciando la misoginia della società e l’incompetenza della giustizia. Il tribunale diventa ‘teatro’ della sua performance. L’ingiustizia subita commuove l’opinione pubblico, il successo è immediato. Per Madeleine comincia una nuova vita, gli ingaggi piovono coi fiori e le proposte di matrimonio ma la vera colpevole bussa alla porta e reclama la sua parte…
Procedendo al ritmo di un film all’anno, François Ozon non smette di girare e di concimare i generi.
Soltanto ieri firmava Peter von Kant, evocazione impertinente del suo idolo, Rainer Werner Fassbinder, e otto mesi più tardi è di ritorno con una commedia che riconfigura il presente col sorriso aperto e la giusta dose di insolenza. Perché quella che avrebbe potuto essere una screwball comedy nostalgica dispiega, al contrario, una vitalità organica che ‘suona’ le note moderne delle protagoniste.
Con 8 donne e un mistero e Potiche – La bella statuina, Mon Crime – La colpevole sono io forma una sorta di trilogia ideale, inscrivendosi nella vena più popolare e leggera dell’autore. Un trittico scintillante che condivide lo stesso DNA e gli artifici della rappresentazione scenica, perché il teatro resta la sorgente d’ispirazione maggiore per Ozon, come se la teatralità gli permettesse di celebrare meglio il cinema. Ma Mon Crime è altrettanto ossessionato dalla storia del cinema e ritrova lo spirito delle commedie sofisticate dell’età dell’oro hollywoodiana. Una stagione glamour, sublimata tra gli altri da Ernst Lubitsch e Howard Hawks, dove i personaggi si affrontano a colpi di repliche e le donne portano volentieri i pantaloni.
Dopo aver ‘cantato’ la misoginia negli anni Cinquanta, con un vaudeville smisurato e barocco (8 donne e un mistero), dopo aver dato una lezione di femminismo sullo sfondo degli anni Settanta (Potiche), con una commedia ludica dai colori vintage, ribadisce la gioia insurrezionale di ‘eliminare’ la figura maschile abusante, o caricaturalmente maschile e arrogante, che nutre il suo cinema dagli esordi (Sitcom).
Comme d’habitude, Ozon va oltre il testo che lo ispira. Mentre le nostre eroine ‘prendono la parola’ (e la pistola), il film allude a una possibile deriva del potere femminile. Se in Potiche era l’avvento della ‘supermamma’, in Mon Crime è la possibilità di raggiungere un fine personale. Il femminismo ostentato non manca di ambiguità, l’emancipazione e la scalata sociale delle protagoniste passano di fatto per le bugie e la manipolazione. Perfidia intrigante di un film che dietro il divertissement e i virtuosismi verbali si rivela più sovversivo di quanto le sue ‘buone maniere’ lascino intendere.
La pièce de boulevard di Georges Berr e Louis Verneuil, scritta nel 1934 e aggiornata al 2023, ‘difende’ la necessità della violenza, qui estrema (l’omicidio come unico mezzo per proteggersi dagli uomini), e la riconquista del potere delle donne attraverso l’esercizio di questa violenza. L’aula di tribunale è un laboratorio di sperimentazione performativa per le protagoniste e per le loro interpreti che praticano la sorellanza e si divertono ad abbattere gli uomini e l’immagine che gli uomini hanno di loro.
Ma ancora più bella è la maniera generosa di Ozon di invitare due attrici in divenire, e tra le più promettenti della loro generazione, nello star system francese. Intorno a Nadia Tereszkiewicz (Forever Young), che incarna la ‘deliziosa’ colpevole che il pubblico, da convenzione, ama odiare, e Rebecca Marder (Une jeune fille qui va bien), novizia del foro che farà di lei un’icona femminista, ruotano come satelliti Fabrice Luchini, giudice conservatore che ha fretta di archiviare l’omicidio invece di chiarirlo, Dany Boon, affarista provenzale con accento di Marsiglia e baffo malandrino, e Isabelle Huppert, attrice del muto lanciata a pieno regime contro il privilegio maschile dominante.
In questo gioco di ruoli, di inganni e di massacro, la tentazione di mettere in competizione gli interpreti è grande ma è più appropriato constatare l’inarrestabile effetto comico che producono insieme generando un miracolo: la verità dietro tanto trucco.
Ancora una volta, Ozon fissa un punto di incontro tra un’attrice (senza tempo) e il suo personaggio. In Potiche Catherine Deneuve, star del passato che non smette di investire sul presente, è una creatura del futuro anteriore che modificherà la mentalità e la percezione delle donne in una società ancora patriarcale. In Mon Crime, Isabelle Huppert, che sullo schermo sembra ringiovanire con gli anni, incarna un’attrice obsoleta che pretende di rivalizzare con due giovani primizie. Anche questo fa di Mon Crime uno smagliante (e divertito) manifesto femminista.
Marzia Gandolfi – www.mymovies.it
Prezzi
BIGLIETTO INTERO € 7,50
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• ADULTI oltre 60 anni
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• GIORNALISTA, dietro presentazione di tesserino
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• il MERCOLEDÌ (escluso festivi e prefestivi, e nel giorno di uscita di un film): per TUTTI
• il VENERDÌ (escluso festivi e prefestivi) per i soci i possessori di:
a) tessera “Vieni al cinema” con di foto di riconoscimento oppure senza foto purché accompagnata da tessera dell’Ente
b) tessera ACI (Automobile Club d’Italia)
c) card Cultura del comune di Imola
d) tesserati Azione Cattolica (adulti, giovani e giovanissimi)
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ACCOMPAGNATORE DI PORTATORE DI HANDICAP
BAMBINI fino a 3 anni
POSSESSORI DI TESSERA DEGLI ESERCENTI SALA CINEMATOGRAFICA (AGIS-ACEC, AGIS-ANEC, ANEM..)
POSSESSORI DI TESSERA ‘EUROPA CINEMAS’
80 VOLTE LUCIO [martedì 9 maggio – ore 21]
MARTEDI’ 9 MAGGIO, alle ore 21, siamo lieti di ospitare la data zero di “80 volte Lucio”, tributo a Lucio Dalla ideato dal cantautore imolese Emil Spada.
L’AMORE SECONDO DALVA [mercoledì 17 maggio]
Proiezioni
Venerdì 12 maggio: ore 21,00
Sabato 13 maggio: ore 21,00
Domenica 14 maggio: ore 16,30 – 18,30 – 21,00
Mercoledì 17 maggio: ore 21,00
Titolo originale: Dalva
Nazione: Francia, Belgio
Anno: 2022
Genere: Drammatico
Durata: 83 min
Regia: Emmanuelle Nicot
Cast: Zelda Samson, Alexis Manenti, Fanta Guirassi, Marie Denarnaud, Jean-Louis Coulloc’h
Produzione: Hélicotronc, Tripode Productions
Distribuzione: Teodora Film
Trama
Dalva ha dodici anni e si sente una donna, non una bambina: è quanto ripete agli assistenti sociali dopo l’arresto del padre, di cui si dichiara innamorata malgrado l’uomo abbia a lungo abusato di lei. Sarà grazie a una casa famiglia e all’amicizia di una coetanea che Dalva lentamente imparerà a guardare il mondo da una prospettiva diversa e a riappropriarsi della propria infanzia…
Trailer
Recensione
UNA VISIONE CORAGGIOSA E ORIGINALE SU UN TEMA DIFFICILE CON PROTAGONISTA UN’OTTIMA GIOVANE INTERPRETE
Dalva, quando viene prelevata dai Servizi sociali e portata contro la sua volontà in un centro per minori, ha 12 anni, vive da sola con il padre, che lei chiama Jacques, ha sempre studiato in casa senza avere contatti con i suoi coetanei, e si veste e si trucca come una donna adulta. Al centro di accoglienza si sente sola, e vittima di una grande ingiustizia. Ma a poco a poco diventa evidente che l’ingiustizia è quella perpetrata contro di lei dal padre che, dopo la separazione dalla moglie, ha fatto di Dalva la sua compagna. La ragazzina non conosce altro affetto, e sente terribilmente la mancanza di “Jacques”. Saranno l’amicizia con Samia, la compagna di stanza che le è stata affiancata, e l’aiuto dell’assistente sociale Jayden a donarle una nuova prospettiva sulla realtà e ad insegnarle come possa essere la vita a 12 anni, così come quale possa essere l’amore autentico di un genitore verso un figlio.
La regista e sceneggiatrice belga Emmanuelle Nicot, al suo esordio nel lungometraggio, sceglie di raccontare una storia di incesto allineandosi totalmente al punto di vista della giovane vittima, tanto che nella parte iniziale del racconto viviamo anche noi ciò che le succede come una sgradita ingerenza e un abuso.
Solo gradualmente, per il pubblico come per la ragazzina, la verità comincerà a farsi strada, e piano piano Dalva riuscirà a recuperare la sua preadolescenza. La cinepresa scava nel silenzio smarrito del suo volto che a poco a poco cambia di segno, utilizzando primi piani indagatori ma sempre rispettosi dell’intimità della protagonista – quella che nella storia è stata ampiamente violata.
Nicot riesce a raccontare una vicenda potenzialmente scabrosa senza alcun compiacimento o voyeurismo, e contemporaneamente senza alcuna pruderie o imposizione di giudizio: persino il padre, intravisto in pochi istanti, viene raffigurato nella sua fallibilità umana più che nella sua colpevolezza criminale, che pure è chiaramente identificata. In L’amore secondo Dalva la posizione morale della regista è netta, e resta inequivocabilmente dalla parte dell’innocenza perduta della protagonista, ma c’è anche il coraggio di mostrare chiaramente la dualità che una minorenne abusata può provare verso chi ha un ruolo unico nella sua vita e sostiene di volerle bene. In gioco c’è la lealtà che i figli provano istintivamente verso un genitore amorevole, anche nel modo più terribilmente sbagliato.
L’amore secondo Dalva è la storia di una riconquista, e infatti finisce quando la seconda parte della vita della ragazza sta per cominciare ufficialmente. Questa riconquista passa attraverso piccoli gesti e piccole scelte che finalmente appartengono all’età anagrafica della protagonista, invece che al teatro delle apparenze impostole dal padre. La giovanissima protagonista, l’esordiente Zelda Samson, porta sulle sue spalle tutta la narrazione, in un percorso dal buio alla luce.
E gradualmente la sua visione soggettiva, che era in realtà l’oggettivizzazione dello sguardo del padre, coincide con la sua individualità di soggetto in grado di decidere per se stessa. La cinepresa la (e ci) accompagna lungo questo percorso senza forzare la mano, con grande rispetto della dignità di questa vita giovane il cui percorso percettivo è stato deviato fin dall’infanzia.
Molto azzeccata anche la scelta di Alexis Maneti nel ruolo dell’assistente sociale Jayden, che segue il caso della ragazzina con partecipazione ma anche con un certo grado di ruvidezza perfettamente comprensibile dato il carico emotivo del mestiere che ha scelto, e anche Fanta Guirassy nella parte della compagna di stanza di Dalva, Samia, è una presenza fresca e convincente. A conti fatti L’amore secondo Dalva porta una visione coraggiosa e originale non sul tema dell’incesto ma sulle risorse che un essere umano può ritrovare per mettere in salvo la propria esistenza.
Paola Casella – www.mymovies.it
Prezzi
BIGLIETTO INTERO € 7,50
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• il VENERDÌ (escluso festivi e prefestivi) per i soci i possessori di:
a) tessera “Vieni al cinema” con di foto di riconoscimento oppure senza foto purché accompagnata da tessera dell’Ente
b) tessera ACI (Automobile Club d’Italia)
c) card Cultura del comune di Imola
d) tesserati Azione Cattolica (adulti, giovani e giovanissimi)
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LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO [dal 19/05]
Proiezioni
Venerdì 19 maggio: ore 21,00
Sabato 20 maggio: ore 21,00
Domenica 21 maggio: ore 16,30 – 18,30 – 21,00
Titolo originale: La quattordicesima domenica del tempo ordinario
Nazione: Italia
Anno: 2023
Genere: Drammatico
Durata: 98 min
Regia: Pupi Avati
Cast: Camilla Ciraolo, Lodo Guenzi, Nick Russo, Edwige Fenech, Gabriele Lavia, Cesare Bocci, Massimo Lopez, Cesare Cremonini, Jacopo Rampini, Fabrizio Buompastore, Sydne Rome, Anna Safroncik, Patrizia Pellegrino, Pilar Abella, Vincenzo Failla
Produzione: Duea Film, Minerva Pictures con Vision Distribution in collaborazione con Sky
Distribuzione: Vision Distribution
Trama
La quattordicesima domenica del tempo ordinario racconta la storia di Samuele Nascetti e Marzio Barreca (Massimo Lopez e Gabriele Lavia), due quindicenni che nella Bologna degli anni ’70, mentre sono seduti al tavolino di un chiosco di gelati, prendono una decisione: saranno amici per sempre, per tutta la vita. I due sono accomunati dalla passione per la musica e formano un duo, i Leggenda, con il quale iniziano a esibirsi per i vari teatri parrocchiali.
Un giorno, però, Marzio conosce una sua coetanea bellissima di nome Sandra (Camilla Ciraolo), di cui di innamora perdutamente. Il giovane decide di corteggiarla, determinato a farla innamorare di lui…
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Recensione
UNA SUMMA DEL CINEMA DI AVATI, INTRISO DI MUSICA, MALINCONIA E A CUI NON MANCA IL GUIZZO IRONICO DEL SUO AUTORE
Bologna oggi. Marzio incontra Samuele con cui negli anni ’70 aveva costituito il gruppo ‘I Leggenda’ con il sogno di sfondare nel mondo della musica e che aveva invece finito con il produrre un solo brano. I due vivono entrambi un momento difficile così come non facile aveva finito con il diventare il loro rapporto a causa di Sandra, che Marzio aveva sposato ma non aveva saputo comprendere fino in fondo. Sono passati 35 anni dalla quattordicesima domenica del tempo ordinario in cui si era celebrato il matrimonio. Ora tutti e tre si trovano dinanzi a una svolta della loro vita.
‘Il quarantatreesimo film del cinema avatiano’: questo potrebbe essere il titolo alternativo di un’opera che ha come spinta propulsiva il dono che alcuni Autori (e Avati indubbiamente lo è) scoprono di possedere interiormente raggiunta una fase avanzata della loro vita: il non dover essere costretti a dimostrare niente a nessuno.
Pupi Avati è sempre stato un uomo libero, lontano dagli ambienti ‘che contano’ nel mondo del cinema, ma ora lo è nel senso più ampio del termine. Lo aveva ulteriormente provato, ammesso che ce ne fosse bisogno, con i due film precedenti con il ritorno all’horror de Il signor diavolo e con un sogno accarezzato per vent’anni e finalmente realizzato, grazie a una rilettura al contempo classica ed originale: Dante rivisitato grazie a Boccaccio e mettendo la Divina Commedia sullo sfondo. Ora ci propone una summa del suo cinema mostrando in sottotraccia di avere condensato elementi che avrebbero potuto, se sviluppati ulteriormente, dare origine a una fiction di qualità come lo è stata Un matrimonio.
Perché da lì si torna a partire, da una data che dà il titolo al film e che è quella in cui lui si è sposato. Già il titolo costituisce una piccola provocazione. Non tanto per il dato biografico di cui sopra che, ovviamente, i più non conoscevano ma per quel ‘tempo ordinario’ di cui molti si devono essere chiesti in cosa consista non sapendo che è una modalità di datazione liturgica. Perché Avati è un cattolico praticante, distante anni luce dal bigottismo, che però non ha remore nell’affermarlo.
Quella data per il protagonista sembra segnare il raggiungimento del traguardo non rendendosi conto che invece costituisce l’inizio della corsa, con salite e discese, che sta alla base di un matrimonio. Ecco allora che diventa necessario, a Marzio come a Pupi, voltarsi indietro per cercare di capire cosa è accaduto, come sono stati messi in gioco e vissuti quei due stati fondamentali delle relazioni che sono l’amore e l’amicizia.
Come accade nel cinema di un autore che è rimasto un musicista nel profondo, la musica non è mai un elemento dello sfondo nei suoi film, un accompagnamento funzionale ma nulla di più. Qui l’unica canzone del duo viene riproposta in più di un’occasione e i malevoli potranno appiccicarle la definizione di ‘tormentone’. In effetti lo è ma con l’esclusione del ‘ne’ finale. Lo è per i tre protagonisti perché segna il punto più alto dell’unione così come quello del distacco.
Il personaggio di Sandra, accompagnato nelle diverse fasi della sua vita, mostra come Avati si sia, con il passare degli anni, allontanato da un cinema al maschile (con il gruppo degli attori fedeli) per scavare sempre più nell’animo e nelle esigenze delle sue protagoniste.
In un film in cui la morte (o il suo rischio) è presente in più occasioni, resta intatta l’esigenza di guardare avanti pur sapendo che alcuni difetti saranno sempre inemendabili. Insieme al bisogno di ottenere una risposta a domande che non si potranno mai porre se non in un’altra vita (se ci si crede) come quelle di Marzio al padre e di Pupi al suo, perso quando aveva 12 anni.
Al pessimismo della ragione Avati non rinuncia ma sa anche che questo può costituire un freno. Le stanze della vita possono tornare ad avere il colore giusto che integri in sé una molteplicità di attese e di progetti. Nonostante tutto. In un film intriso di malinconia in cui però non può mancare il guizzo ironico di Pupi. Edwige Fenech, come ha dovuto fare in tanto film degli anni ’70, va a fare una doccia. Non la si vede ma il getto dell’acqua dopo l’abluzione non si ferma. Lo ferma Marzio. Così come lo ha fermato Pupi offrendole questo ruolo.
Giancarlo Zappoli – www.mymovies.it
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• il MERCOLEDÌ (escluso festivi e prefestivi, e nel giorno di uscita di un film): per TUTTI
• il VENERDÌ (escluso festivi e prefestivi) per i soci i possessori di:
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b) tessera ACI (Automobile Club d’Italia)
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